S. Osvaldo

Un po’ di storia

Una volta, la strada che da Feltre conduceva a Pedavena era quella che, giunta ai Colli dei Baldassar, saliva dietro la Fabbrica Birra, che allora non c’era, per scendere alle diramazioni per Teven e per Facen e poi inoltrarsi nella stretta trama residenziale del paese. La vecchia strada, «torta e malagevole», era il solo collegamento obbligato per quanti si muovevano nei due sensi e la chiesetta di Sant’Osvaldo vi appariva in posizione di risalto. Risale al luglio del 1644 l’epoca della prima costruzione, quando una rappresentanza degli abitanti della contrada, guidati dal rettore Giacomo Favazzi, si presentò al Vescovo di Feltre ed ottenne un capitellum in onore di Sant’Osvaldo, nel luogo detto dell’Aquazzola, vicino alla via che conduce alla Villa di Facen (Arch. Vesc. Vol. 148, f. 772). I lavori si trascinarono quasi per un ventennio, forse per la scarsità dei fondi a disposizione, che provenivano solo da pie elemosine. Finalmente, nel marzo del 1663, l’opera compiuta venne benedetta dal rettore Marino Marinelli (Arch. Vesc. Vol. 191, f. 559 e seguenti). Con probabilità, la chiesetta primitiva sì limitava all’attuale abside di pianta quadrangolare, che si nota per la struttura rustica e la volta a crociera, tenuta da arpesi di ferro. Appena qualche anno fa, la pareti di questa prima costruzione hanno rivelato resti di affreschi di antica data. Non rimangono notizie del successivo ampliamento e la prima nota del Libro Cronistorico della parrocchia appare solo nel 1793, con don Dolfino Pellin che riferisce della sostituzione dell’altare di legno antichissimo, tutto corroso da tarli e già cadente, con uno nuovo di buon cirmolo, ad opera di Gioacchino Sperandio di Canal San Bovo. Un altro arciprete di Pedavena don Felice De Biasi, annota nel 1854 l’inaugurazione del «pennello» di S. Osvaldo, dipinto dal feltrino Lot Bruna. Era uno di quegli stendardi che si portavano nelle processioni solenni di allora. Piuttosto malconcio, esso presenta un drapporettangolare di damasco marron, con immagini ad olio sui due lati. Da una parte il re Osvaldo spiega al popolo la parola del vescovo Aidano, il quale venendo in missione dall’Irlanda, pronunciava in favella che intesa dal re non era capita dal popolo. Al rovescio si vede l’immagine di Maria Immacolata il cui dogma stava ormai per annunciarsi da Roma. Sempre sfogliando la cronistoria parrocchiale si legge di un importante lavoro di risanamento dall’umidità compiuto nel 1856. In tale occasione la porta laterale posta sulla strada di Facen viene murata, aprendone un’altra sul lato opposto, per porger ca¬lore alla chiesa posta sotto terra, ma che adesso è liberata da tale ingombro. Nello stesso anno, il pittore Lot Bruna affrescò il soffitto della navata con l’immagine della Madonna degli Angeli del Turro, opera andata perduta nell’ultimo dopoguerra e sostituita con una tela ad olio del pittore Ruggero Da Col. Dice il solito cronista che, nel 1858, essendo il fronte della chiesa quasi cadente cadente, col ricavato della vendita delle pietre di un antico acquedotto, rinvenuto nella campagna adiacente, la facciata venne rifatta in stile dorico e in marmorino, su disegno di Vincenzo Zardin. Lo stesso artista progettò e diresse la costruzione del piccolo campanile, innalzato dalle fondamenta nel 1861. Altra nota riferisce che nel 1876 vennero sostituite, con due nuove, le campane acquistate vent’anni prima ad Arina di Lamon. Non si leggono altre notizie sulle successive iniziative di restauro e di abbellimento, eppure, prima di una ridipintura, nel fregio a cartiglio sopra l’arco maggiore appariva l’iscrizione: Restaurata 1910. I lavori più vicini noi riguardano l’importante e costosa ristrutturazione generale del 1981, la messa in opera del portale nuovo in rovere del 1983 ed infine la porta laterale nuova del 1984.

II culto di Sant’Osvaldo

Come può essersi diffusa la devozione ad un Santo che fu re della Northumbria, una regione dell’antica Inghilterra, geogra-ficamente così lontana e, soprattutto, così fuori da ogni rapporto politico e da ogni legame commerciale coi nostri paesi? Forse un vincolo religioso potrebbe essere indicato attraverso la testimonianza del vescovo di Capodistria, Carlo Camuccio, il quale così scriveva nel 1750: «Piacque a Dio, fino da molti secoli, far portare da un cacciatore tedesco nella Chiesa di Villa Sàuris, situata nelle più alte montagne della Carnia, Diocesi di Aquileia, Stato Veneto, un osso del dito di San Osualdo Martire. Per mezzo di questa reliquia ha operato Iddio e opera continuamente molti miracoli, i quali hanno reso celebre questa piccola Chiesa, che al presente senza dubbio può dirsi uno dei principali santuari dello Stato Veneto…». Il piccolo comune montano di Sàuris, in provincia di Udine, ad appena una decina di chilometri dal versante bellunese, risulta attualmente abitato da una comunità di origine e lingua tedesca e conserva ancora il citato santuario del secolo XIV. Da quel Paesetto, la devozione a Sant’Osvaldo dovette diffondersi in tutto l’arco alpino orientale, anche tenendo presente che tale regione rimase ecclesiasticamente dipendente dal Patriarcato di Aquileia per alcuni secoli. Dalla Carnia il passo dovette essere breve per passare nelle valli della nostra provincia, per giungere sino a noi. Perché nell’iconografia sacra il santo viene rappresentato ve-stito da guerriero? In tale raffigurazione è senz’altro racchiuso il concetto simbolico del soldato di Cristo, distintosi nel diffondere la fede e la dottrina e morto sul campo da battaglia nella difesa di tale e sublime ideale. Dicono inoltre i biografi che, quando una terribile epidemia colpì la Northumbria, mietendo migliaia di vittime, lo stesso re ne rimase contagiato, ottenendo poi miracolosamente da Dio la salvezza per sé e per il suo popolo. Per questo la Chiesa prese ad invocare il re martire coprotettore, in tempi nei quali la peste, il colera ed il vaiolo sterminavano intere popolazioni. Qualche anno prima dell’erezione della chiesetta di Sant’Osvaldo di Pedavena, una pestilenza aveva portato via a Venezia 35 mila abitanti e nel vicino Sovramontino altre 50 vittime. Un curioso attributo col quale viene rappresentato il Santo è quello del corvo che gli sta appollaiato sulla mano sinistra reggendo nel becco un anello. La spiegazione ci viene dai biografi i quali narrano che volendo il re corrispondere con la fidanzata lontana, la principessa Kineberga, si servì di questo volatile con corriere epistolare, fino alla felice conclusione degli sponsali. Con questa romantica simbologia, quindi, Sànt’Osvaldo venne considerato anche il protettore degli innamorati, quando era ancora molto lontana nei nostri paesi l’usanza d’oltremare della festa San Valentino. Anche la pala dell’altare della nostra chiesetta rappresenta Santo secondo tale tradizionale iconografia. Il dipinto, piuttosto danneggiato, non porta visibile la firma dell’autore. Nell’angolo inferiore destro si legge malamente: DIE DECIMO NOVEMBRIS OPUS ISTUD FACTUS FUIT ANNO MDCCV. Non è per niente certa la lettura del numero romano, ma la datazione dell’opera non dovrebbe scostarsi dagli inizi del 1700.

Santa Barbara

Santa Barbara ormai, può considerarsi la contitolare della chiesetta, a buona ragione per la particolare solennità con la quale il 4 dicembre viene celebrata la sua festa. La sua statua, senza una notizia precisa, dovette esservi posta circa una cinquantina d’anni fa. Gloriosa Vergine e Martire del IV secolo, Santa Barbara viene venerata come protettrice dei minatori, degli artiglieri e dei vigili del fuoco. NOTA La statua di Maria Ausiliatrice, che orna l’altro lato, fu donata da un benefattore di Conio di Borgomaro (Imperia), nel 1931 mentre la statua di Sant’Antonio di Padova, nella nicchia di destra apparteneva già alla chiesa parrocchiale.  

PREGHIERA

La festa liturgica di Sant’Osvaldo ricorre il 5 agosto. Ancora Mons. Giosuè Cattarossi, di pia e preziosa memoria che fu vescovo della nostra diocesi dal 1913 al 1944, nel raccomandare la devozione a questo Santo Martire, concedeva la indulgenza a quanti recitavano la seguente preghiera:
O Signore Iddio onnipotente, umilmente Ti preghiamo che, per l’intercessione del Martire Sant’Osvaldo, siamo liberati da ogni avversità nel corpo e sia sempre pura da ogni malvagio pensiero la nostra mente. Così sia.